M-Rivista del Mistero - Nero West - Alacràn Edizioni

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  1. Russell Kane
     
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    E' un piacere passare la parola a Stefano Di Marino, che vi spiegherà qual'è la filosofia che sta dietro questo numero di "M"..e perché ha ancora senso scrivere western oggi.

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    PERCHÉ SCRIVERE UN WESTERN?

    di Stefano Di Marino

    L’epopea del West per quanti come me cominciano ad avere i capelli grigi e hanno superato gli “anta” fa parte dell’immaginario avventuroso da sempre. Negli anni 60/70 era, se non l’unico, almeno il principale intrattenimento cinematografico, fumettistico e letterario permesso dai genitori ai ragazzi senza diffidenze. Tex, i film di Ford, di Hawks e poi anche il Western–spaghetti di Leone sono un patrimonio che le generazioni si sono trasmesse con orgoglio virile. Come diceva Giancarlo Berardi sceneggiatore dell’indimenticato Ken Parker, ‘il West è una metafora per parlare di cose di oggi in uno scenario epico, lontano nel tempo e nello spazio’. Eppure in quel West di banditi, di avidi proprietari terrieri, di indiani massacrati e soldati sterminatori, di argomenti per avvicinarci al nostro quotidiano ce n’erano molti. Di fatto però il West era custode di una moralità, di un senso virile dell’esistenza che i padri italiani trasmettevano ai figli senza retorica perché di questa non c’era bisogno. Era già tutto lì, nella grandiosità della Valle dei Monumenti, nelle grandi praterie, nelle Montagne Rocciose con le loro storie di eroi e vigliacchi, di amici, di sacrificio, di onore.
    In realtà il West ha avuto stagioni di grande fortuna e molti tramonti. In America, nella seconda metà degli anni 60 il filone, come genere cinematografico, era già morto; era passato in televisione approdando a una dimensione per ragazzi e famiglie. Ci voleva l’interpretazione di Leone che esasperava i dettagli ma era intrisa di spirito europeo, a volte rivoluzionario, antitetico a quello del western classico, per riportare in auge il Western a Hollywood. La violenza al rallentatore di Peckinpah ha uno stretto legame con il cinismo, la polvere da sparo, le calzamaglie sozze dei Western nostrani. E così è nato il Western rivoluzionario, il Western politico che addirittura legava i cheyenne ai vietcong. Anche quella stagione è passata, lasciando spazio al Western ambientalista, politicamente corretto, a quello della nostalgia. Anche se gli effetti speciali, il thriller metropolitano hanno a lungo sottratto il West al cinema questo è rimasto sempre in varie forme nel nostro immaginario. Nostro significa di noi europei. Il Western europeo(che cinematograficamente ha una sua storia dai tempi dell’adattamento dei romanzi di Karl May della serie Winnetou)ha portato innovazione ma anche rigore storico. Salvo Jonah Hex il fumetto americano non ha mai prodotto nulla di veramente interessante in merito. In Europa la scuola franco-belga continua a regalarci magnifiche cavalcate con la serie Blueberry di Moebius (ma anche Comanche di Hermann e Bouncer di Jodorowsky) e naturalmente ci sono i fumetti Bonelli che hanno sì un sapore anni 50 , a mio esclusivissimo vedere un po’ superato e pedante, ma hanno saputo animare con un vigore ineguagliato le fantasie di generazioni di italiani. Forse c’è stato un fraintendimento soprattutto nei decenni passati che ha allontanato i giovani dal filone. Il Western classico con le sue maschere di duri(Wayne, Heston, Holden, Cooper) veniva recepito come un messaggio didascalico, severo, simbolo di una generazione detestata. L’effetto speciale da videogioco, gli eroi adolescenti del cinema d’azione moderno tutto questo ha congiurato a formare un’idea del West come un genere sorpassato e reazionario. Di sicuro molti tentativi di riproporlo al cinema hanno contribuito a rafforzare l’idea che non avesse più nulla da dire. La correttezza politica ha eliminatogli indiani se non dipingendoli con maschere patetiche. Le storie hanno ripetuto vecchi clichè invece di trovare soluzioni nuove e persino le scene d’azione si sono adagiate nella ripetitività. Non solo, altri luoghi comuni hanno sferrato colpi durissimi al West. Ricordo una discussione sfociata in lite all’uscita di Silverado che non era poi granché ma aveva un suo interesse. Un’amica bollò negativamente non solo quel film ma tutto il filone dicendo che “il Western era un genere da uomini”, quindi era da demonizzare. . . a parer suo. Eravamo nel 1986. . . all’inizio di una stagione che ha tollerato l’avventura solo se vissuta da giovani adolescenti, belli, specchio di quello che vorrebbero essere gli spettatori di oggi. Tutto questo ha creato un’immagine del West come un blocco unico e monolitico legato a una retorica e a un passato da rinnegare.
    La verità è proprio il contrario. Il Western è un palcoscenico perfetto dove storia e leggenda si fondono lasciando mille possibilità d’interpretazione. Offre scenari variegati dalle montagne innevate, ai deserti, persino alle città dove un’atmosfera gotica e horror non è esclusa. Il West, per me, è il Messico, la libertà, l’anarchia e l’anticoformismo. Una frontiera e, proprio per questo, non un luogo chiuso ma in continua trasformazione, popolato da gente vera: uomini, donne, bianchi, rossi, neri, gialli alcuni positivi altri negativi. Il West alla fine sì. . è anche Brokenback Mountain con le sue ambiguità sessuali, ma è anche una metafora del potere ieri come oggi come avviene nella serie televisiva Deadwood in cui si spara poco ma si trama molto e i personaggi femminili sono importanti, intriganti quanto quelli maschili.
    Perché noi, autori di noir, di spy-story italiani dovremmo scrivere ancora racconti western? Prima di tutto perché è dannatamente divertente, perdio! E poi perché scrittori western prestati al thriller lo siamo un po’ tutti. Perché un eroe stanco, amareggiato, riottoso ma alla fine disposto a sfoderare la vecchia Colt per fare giustizia ci vuole sempre. Almeno nella fantasia.
    Ben venga quindi una nuova stagione di Western letterario italiano che cucina e rimastica tutto quanto è avvenuto prima con ciò che viviamo in questi anni. E se anche la realtà storica un poco ne viene distorta che importanza ha? Quando si è in sella si cavalca e si spara. Le bassezze, le idee preconcette, la mania di una ricostruzione così perfetta da impedire alla fantasia di galoppare, svaniscono nella polvere.
     
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43 replies since 21/2/2008, 14:38   1568 views
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