Il Making of de "Il Luparo" - Parte I

di Stefano Di Marino

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  1. Russell Kane
     
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    IL MAKING OF DE
    IL LUPARO

    La verità oltre la leggenda


    Prima parte: la Corsica

    L’origine di questo romanzo

    Quando fu pubblicato per la prima volta, nel 1992, con il titolo Giungla Mortale, il romanzo che avete appena letto aveva una forma assai differente. Era un racconto lungo e sviluppava solo una parte della vicenda che volevo raccontare, che era poi un confronto generazionale tra due killer professionisti; un classico del noir.
    Faceva parte tuttavia di filone narrativo che, ai tempi, mi stava molto a cuore e che ho ripreso quando ho dato vita a una storia che, a tutti gli effetti, è diventata un romanzo nuovo e inedito al quale è stato aggiunto, per inserirlo nella serie del Professionista, un breve inserto in cui compaiono Chance e Russell Kane. Una altro importante cambiamento è nato dal maggior rilievo dato al personaggio del Marsigliese che nella prima versione veniva semplicemente nominato. C’è poi un dubbio sollevato sul personaggio di Ivelda che sta al pubblico giudicare quanto rilevante…
    Il Luparo s’inserisce nella saga ambientata tra l’Asia e la Corsica della quale fanno parte quasi tutte le opere del mio primo periodo creativo, per cui rimetterci mano è stata per me un’enorme soddisfazione per la quale ringrazio soprattutto l’editore.
    Lacrime di Drago e Pista Cieca, i due romanzi più corposi sull’argomento, sarebbero stati pubblicati in seguito ma Il Luparo ne era, nel racconto lungo originale, quasi una prova.
    Sono passati molti anni e, oltre a maturare come narratore, ho anche viaggiato molto e svolto ricerche che mi hanno permesso di correggere eventuali errori commessi al tempo, ma anche di arricchire la vicenda con tutte le mie esperienze.
    La passione per i due luoghi geografici che fanno da sfondo al Luparo, tuttavia è ancor più antica. Questo breve dossier ci permetterà di confrontare realtà e fantasia, svelando al lettore qualche piccolo trucco e molti aneddoti che, spero risulteranno graditi.

    L’isola bella

    La mia passione per la Corsica e le storie dei banditi delle sue montagne risale in effetti a una decina d’anni prima alla scrittura del racconto originale. Agli inizi degli anni ’80 ebbi l’occasione di leggere un romanzo pubblicato da Sonzogno intitolato Il Clan dei Corsi di William Heffernan pubblicizzato come un nuovo Padrino, ambientato tra la Corsica e l’Indocina. Rimasi profondamente colpito dalla descrizione della malavita corsa, dalle sue somiglianze e al tempo stesso dagli elementi di originalità con quella siciliana. In seguito lessi anche Corsican Honor (dello stesso autore ma rimasto inedito in Italia) e svolsi una serie di ricerche su libri ma anche sul campo recandomi più volte in Corsica con la scusa delle vacanze ma, in verità per raccogliere materiale per costruire quella “mitologia” da cui sono scaturite questa e altre avventure che hanno lasciato un segno nella mia produzione anche nella mia serie di maggior successo:Il Professionista.

    Anche un semplice viaggio da turista in Corsica non può lasciare segni profondi nell’immaginazione. I porticcioli con le falesie, la natura aspra che passa da monti scoscesi al mare nel giro di poco tempo, le strade “impossibili” tortuose e disseminate di carcasse d’auto uscite di carreggiata e lasciate lì. Le cappelle mortuarie che sorgono lontane dai borghi, le cerimonie penitenziali, il senso cupo dell’onore e della vendetta coltivata tra città strette in vicoli di pietra poco distanti da frastagliate formazioni rocciose tinte, al tramonto, di riflessi cromatici rosso sangue …
    Tutto ciò è rimasto nella mia mente e si è arricchito a mano a mano che mi sono spinto nella ricerca della storia criminale dell’isola, nella radice di quella che i francesi chiamavano semplicemente la “pegre” ma per gli isolani non era semplicemente la “mala”. Per i corsi le faide familiari, i giri loschi alimentati nelle boites de nuit, i traffici, l’irredentismo si fondevano in una complessa trama di clan e famiglie che chiamavano semplicemente il milieu…


    I primi banditi e le loro donne

    Marsiglia, per la Francia, è sempre stata fonte di gioie e dolori. Porta d’ingresso e d’uscita per traffici e commercio con le colonie in Africa e in Asia ha visto proliferare movimenti sovversivi (non per nulla l’inno della Rivoluzione si chiama La Marsigliese) e, naturalmente, è stata teatro delle gesta di una malavita organizzata legata alla prostituzione, al contrabbando di sigarette, d’armi, di droga, di donne e di preziosi, quantomai vario e colorito. C’è da dire però che la maggior parte dei malavitosi di Marsiglia non erano francesi. Erano corsi. Venivano da un’isoletta che non si considerava territorio francese ma neppure genovese o italiano. Erano, per dirla tutta, brutti soggetti, sempre vestiti di nero, gelosissimi delle loro donne, permalosi, abituati a una vita dura come la natura in cui erano cresciuti (Ricordate la descrizione che ne fecero Goscinny e Uderzo in Asterix in Corsica? Non siamo molto lontani dalla realtà).
    Avevano molti punti in comune con i siciliani con i quali mostravano diversi punti in comune ma anche parecchie differenze.
    La prima e più evidente sta proprio nell’organizzazione della malavita. Mentre in Sicilia l’organizzazione dei Don, pur con le sue inevitabili e periodiche sanguinose guerre tra Vecchio e Nuovo sistema, ha sviluppato una struttura piramidale con la Cupola, la gerarchia delle famiglie esportata anche negli Usa, in Corsica tutto sembra rimasto più limitato alle viuzze del paesello, più circoscritto ai vari clan.
    I primi malavitosi corsi a far parlare di sé furono anche i primi a stabilirsi sul suolo francese. Dominique Carbone e François Spirito furono, negli anni 20, protagonisti di un’epopea guascona e irriverente che il film Borsalino (di Jacques Deray,1970, adattamento del romanzo Bandits a Marseilles di Eugéne Soccomare) ha trasposto con efficacia sullo schermo con una variazione. Belmondo e Delon (allora pilastri del cinema d’azione e non solo d’oltralpe) erano furfanti simpatici, più occupati a gestire, ma con rispetto, donnine allegre che a fare a pezzi la gente come i loro personaggi ispiratori. Tanto che i due eroi nel film cambiarono persino nome trasformandosi in François Cappella e Roc Siffredi. Il nome di quest’ultimo divenne in breve leggendario (quasi a creare un personaggio reale) come emblema del gestore dei più importanti bordelli della Costa Azzurra e, molti anni dopo, avrebbe suggerito uno pseudonimo immediatamente riconoscibile dal popolo francese per un italico mito del cinema hard-core, diventato poi produttore. Rocco Tano è oggi Rocco Siffredi proprio perché la sua casa di produzione (la Siffredi Communication) ha sede in Francia è richiama, nel nome, immagini re suggestioni di piaceri che da noi sfuggono.
    In verità Carbone e Spirito cominciarono con le femmine, ma passarono presto alla politica prestando uomini e strutture contro i socialisti del porto di Marsiglia. I loro crumiri e picchiatori furono più volte utilizzati negli anni ’30 e passarono al servizio del governo di Vichy e dei nazisti durante la guerra. Al termine di questa, la loro organizzazione, che aveva prosperato con il mercato nero, cambiò disinvoltamente fronte e divenne uno dei principali strumenti di repressione anticomunista alla fine degli anni 40, serrando legami e amicizie con la neonata CIA impegnata dapprima nella Guerra fredda contro i russi e poi nel conflitto vietnamita in Indocina.
    In questo settore è importante notare che i corsi possedevano due particolari talenti. Erano abilissimi nel contrabbando e nella lavorazione della morfina che veniva trasformata in eroina. Divennero così preziosi alleati sia dei francesi che degli americani ma anche un anello importante nel traffico internazionale di droga che i siciliani avevano cominciato a dominare sin dai tempi di Lucky Luciano e poi di Santo Trafficante ( personaggio reale che ispirò il mio Santo Castiglione di Lacrime di Drago) .

    L’organizzazione del Milieu

    I corsi erano meno organizzati dei siciliani e delle famiglie americane, forse a causa dell’ambiente fisico in cui si era sviluppata la loro società della quale la criminalità era solo uno specchio. In verità l’irredentismo non si è mai totalmente discosto dalla malavita e “guadagnarsi il pane”, come si diceva in gergo, presupponeva sempre un forte legame con quell’isola rude e bellissima che i suoi abitanti sognavano libera da qualsiasi giogo. Questo modo di pensare i corsi se lo portarono nel Togo, nella Polinesia , in Algeria, nelle Antille, in Indocina e a Marsiglia. Per dirla tutta, non è che avessero particolari simpatie per nazisti e fascisti, li utilizzavano come mezzo per contrastare quelli che per loro erano i veri oppressori.
    La struttura organizzativa stessa dell’Unione Corsa (e qui permettetemi un aggancio doveroso ai romanzi di Ian Fleming e a quel Marc-Ange Draco che sarebbe diventato il suocero di James Bond!!!) era basata sui clan familiari che, a loro volta formavano il Milieu. All’interno di questi l’equivalente del don siciliano era chiamato “un vrai monsieur”, un vero signore, e la carica di Consigliori (resa celebre dal padrino cinematografico da Robert Duvall/Tom Hagen) era ricoperta dal Pacieri che era anche un capo clan. Nel romanzo che avete appena letto, Bernard Prestia, il padre del protagonista, era un pacieri ma anche un vrai monsieur. E, come nel romanzo, anche nella realtà, c’erano divisioni, screzi e faide tra i componenti del milieu. Così, con il declinare della potenza di Carbone e Spirito, altri capi emersero, sempre meno legati alla destra, quali i Guerini e i Francisci, magari avversari tra loro, ma sempre consapevoli che i corsi erano soli contro tutti.
    Antigaullisti, negli anni 50, trasferirono le loro raffinerie di morfina dalla Costa Azzurra alla Corsica quando in Italia fu radicalmente diminuita la produzione di questo elemento base per la raffinazione dell’oppio turco in eroina. Ma se l’Occidente da una parte combatteva la droga, d’altro canto se ne serviva per sostenere la lotta al comunismo.

    Verso Oriente

    Negli anni 60, avvenne un particolare evento che cambiò radicalmente la storia della malavita corsa e del traffico dell’eroina come elemento fondamentale nella Guerra fredda. La morte di Lucky Luciano e la conseguente guerra tra cosche siculo –americane offrì all’FBI e alle forze di polizia americane l’occasione di assestare un colpo sconvolgente a Cosa Nostra che attraversò un periodo di gravi difficoltà per la successione al potere. Nel frattempo l’opinione pubblica mondiale aveva preso coscienza del problema del dilagare della droga in Occidente e ciò indusse il governo turco, amico degli americani e già da allora desideroso di inserirsi in Europa, a dare un giro di vite particolarmente rigoroso alla produzione di oppio in Anatolia. Nel tempo di pochi mesi la regione di Aphyon perse d’importanza e le raffinerie di Marsiglia furono costrette a cercare nuove fonti di approvvigionamento. Nel frattempo in Indocina gli americani avevano non solo preso il posto dei bastonati francesi ma si stavano impegnando in una delle più disastrose e “sporche” campagne belliche del secolo scorso (quella di questo la stiamo vivendo adesso…). Ne parleremo dettagliatamente quando ci addentreremo nel dossier riguardante la Thailandia, ma ci basti sapere che in poco tempo il Triangolo d’Oro tra Birmania, Thailandia e Laos divenne- e rimase sino alla metà degli anni ’90- il principale centro di produzione di oppio, morfina ed eroina che, spesso veniva lavorata a Saigon, a Vientiane a Hong Kong prima di arrivare a Marsiglia e a Los Angeles per essere smistata. E chi, in Indocina, disponeva di chimici qualificati, trafficanti astuti e inafferrabili e al tempo stesso in buoni rapporti con i kaitong laotiani e cambogiani, quanto coni signori della guerra birmani e thialandesi?
    I corsi, che presero così a “guadagnarsi il pane” fungendo da collegamento tra gli eserciti del Kuomintang, i signorotti Meo e Yao tra Cambogia e Laos e la CIA che, nel caso specifico, si chiamava UsAid, associazione umanitaria con sede a Luang Prabang, nel Laos. Con i proventi del traffico d’eroina gli americani foraggiarono una inutile guerra contro il comunismo che aveva pure una linea aerea, l’Air America. A questa si affiancò presto un secondo canale il cui appellativo era noto a tutti e rendeva chiaro di cosa si trattasse: Air Opium.Era gestita principalmente da corsi…
    Associazioni segrete millenarie, servizi moderni, Guerra fredda, semplici banditi da strada. Tutto ciò fa da sfondo all’epopea dei banditi corsi che non hanno mai dimenticato di essere, alla fine, soli contro tutti. I “cattivi” ufficialmente additati come criminali dai governi ma che, agli stessi potenti erano utili perché fornivano una utile copertura. Un destino difficile ma che uomini come Guerini seppero gestire dai loro casinò di lusso come il Club Haussmann nel centro di Parigi e che, probabilmente, hanno tramandato sino a oggi a uomini schivi, dai nomi vagamente italiani che, una volta all’anno, sfilano con i cappucci rossi, trascinandosi dietro pesanti catene per le vie di Sartène, un paesino arroccato tra i monti a sud dell’isola, per espiare i loro peccati.

    Armi rusticane

    Sull’isola, malgrado alcune azioni dinamitarde realizzate dal Movimentu del Populu Corsu, le questioni d’onore si regolano ancora alla vecchia maniera con il bastone che richiede anni d’esperienza nel maneggio come accade per il suo corrispettivo siciliano, con il coltello forgiato secondo tecniche secolari da artigiani in scure bottegucce e con la lupara, il fucile a canne mozze caricato a pallettoni. La lupara come i Lupari, i cacciatori di lupi, difensori delle greggi e, per esteso delle comunità, sono spariti da molti anni proprio come le belve che minacciavano pecore e galline. Ma la loro leggenda è rimasta ed è proprio dalla base di questa che ho creato questa “casta” di uomini soli, disperati e spietati, protagonisti della storia che avete letto e di molte altre scritte nel corso degli anni. Per chi non è un vero corso è praticamente impossibile procurarsi un’arma rusticana originale benché le botteghe dei paesi ne offrano di ogni genere. Tra quelle in vendita potrebbe capitarvi anche di fare un buon acquisto. Vecchie pistole, pugnali Spaccacuore a lama triangolare o persino dei serramanico con il manico d’osso. Attenti però, nella maggior parte dei casi si tratta di materiale prodotto per i turisti e i più pittoreschi coltelli sono pur ottimi Laguiolle, che vengono lavorati in Francia e non in Corsica.
    E questa, per un vrai monsieur, è una differenza fondamentale…

    Continua....
     
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  2. mary mackey
     
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    wow! grande russ per questa prima parte del making e grande stefano per il "luparo" l'avevo scritto gia sul topic di professional gunn ma lo ripeto anke qua è stato uno dei racconti che m ha stupito di più anke perchè purtroppo conosco poco il professionista e quindi è stato come un colpo d fulmine. veramente stupendo e poi la corsica i è sempre piaciuta anke se i miei ricordi sono vaghi (purtroppo solo una gita alle superiori)spero in futuro d poterci riandare!!!
     
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  3. marpioncino
     
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    Grazie professionista....queste digressioni oltre che utili, sono interessantissime....Thanks
     
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  4. david h. stark
     
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    Making of estremamente esaustivo e affascinante.......come sempre!!
    Il Luparo, pezzo forte di Professional gun, ha laciato il segno......dato che il racconto è stato inserito nella timeline del Professionista spero che la malvita corsa e i suoi contatti con l'Indocina vengano ripresi, magari in una futura avventura di Chance......

    Trovol'idea della casta di assassini corsi ( i Lupari) molto originale e degna di un'ulteriore approfondimento.
     
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  5. il professionista
     
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    bene e in arrivo il background della sezione thai...
     
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  6. Alan Wolf
     
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    Lo stampo subito e lo leggo con calma stasera. Grazie, Stefano :smilies7.gif:
     
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  7. il professionista
     
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    grazie a voi che avete la pazienza di seguire queste digressioni.
     
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  8. calca10
     
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    Veramente bello.tra l'altro poco tempo fa ho letto Pista cieca e mi ha affascinato moltissimo!!sei un grande Stefano,il numero 1.ora sto leggendo Appuntamento a Boris Gleb di De villiers(datato 15-7-75!!),ma appena ho finito mi butto su Il Nemico siamo noi,che fortunatamente ho scovato nel mercatino dell'antiquariato che si svolge ogni mese qui da me,nella splendida Liguria!!!
     
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  9. il professionista
     
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    grazie a te. Appuntamento a Boris Gleb me lo ricordo. quando de Villiers se li scriveva ancora da solo. un bel romanzo sulla guerra fredda. Ero molto giovane quando l'ho letto
    ciao
     
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    Nessuno è mai fuggito da un cimitero-Non c'è discesa dal golgota

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    Sempre meglio,oltre alle letture,anche le ispirazioni e le ricerche che portano ai romanzi....non ho parole...
    attendo con la massima impazienza un making off asiatico..
     
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  11. il professionista
     
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    eh lo so qual è la parte che ti interessa... c'è anche quella non ti preocucpare.
    in gamba ,uomo
     
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10 replies since 1/3/2007, 13:37   469 views
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